14/04/2021

Reflazione: sarà davvero l'ancora di salvezza?

Il tema della reflazione riscuote grande successo

Sin dall'inizio dell'anno, la reflazione è diventata una prospettiva con un ampio credito in tutti i mercati sviluppati (MS). La fiducia in un rialzo dell'inflazione è scaturita dal risultato del ballottaggio per il Senato degli Stati Uniti in Georgia, che ha incoronato vincitore il Partito Democratico assegnandogli così la maggioranza in entrambi i rami del parlamento e spianando la strada alle misure di incentivazione annunciate dal presidente Biden. I dati macroeconomici che saranno pubblicati nei mesi a venire molto probabilmente rafforzeranno questa prospettiva ed è pertanto difficile immaginare uno scenario in cui il mercato possa decidere di muoversi in senso contrario alle aspettative reflazionistiche.

Perché questo entusiasmo non ci convince...

Il mercato non ha perso tempo a rivalutare l'andamento previsto della politica monetaria. Attualmente vengono scontati molteplici rialzi dei tassi da parte della Fed, a cominciare del 2023, e le aspettative inflazionistiche stanno tornando ai livelli pre-COVID in tutto il mondo sviluppato. Questo cambio di prospettiva ha provocato un aumento generalizzato dei rendimenti, non soltanto negli Stati Uniti ma anche in altri mercati sviluppati, compresi quelli europei.

"Per quanto ci riguarda, tuttavia, non siamo affatto convinti che il mercato europeo dei tassi abbia i presupposti per partecipare a tale correzione nella misura in cui ciò sta effettivamente accadendo."

Lo scetticismo deriva da tre fattori:

  1. Perché ci sia una reflazione serve un'estate normale: questo obiettivo dipende dalle dinamiche con cui interagiscono tra loro l'andamento delle vaccinazioni e l'aumento del numero di contagi. Nel contesto dei mercati sviluppati, gli Stati Uniti stanno facendo molto meglio delle controparti su entrambi i fronti, seguiti dal Regno Unito. L'Europa, invece, è indietro di un ampio margine. Considerando la curva dei nuovi casi in Europa, è anzi ipotizzabile che l'estate in Europa sarà tutt'altro che "normale" se non addirittura peggiore dello scorso anno. La fase emergenziale della pandemia è forse terminata a livello globale, ma il conseguente impatto economico è ancora di vasta portata, almeno per quanto riguarda l'Europa, soprattutto se il settore dei servizi non avrà l'opportunità di recuperare pienamente nel corso del 2021 a causa di ulteriori lockdown nazionali.

  2. La portata delle misure di incentivazione conta: una delle ragioni che spinge la maggior parte degli investitori a prevedere un ritorno degli Stati Uniti al tasso di crescita e ai livelli di disoccupazione pre-COVID entro la fine del 2021 è probabilmente il fatto che il governo ha messo in campo misure di espansione fiscale senza precedenti. Tanto per dare un'idea, l'ammontare di questi provvedimenti adottati negli Stati Uniti nel 2020 e nel 2021 dovrebbe raggiungere all'incirca il 10% del PIL per ogni anno. Al contrario, il tanto decantato piano "Next Generation EU", ossia il meccanismo di espansione fiscale lanciato lo scorso anno dall'Unione Europea, arriverà sì e no al 5% del PIL spalmato su 4-5 anni. Non dobbiamo quindi sorprenderci se, in base alle previsioni attuali, il PIL dell'Eurozona non tornerà ai livelli pre-COVID prima della fine del 2022, mentre per recuperare il tenore precedente di crescita tendenziale servirà ancora più tempo.

  3. Nessun rialzo dei tassi finché l'inflazione non sarà prossima al target: stando alle proiezioni inflazionistiche della Federal Reserve per gli Stati Uniti, si prevede che l'inflazione media superi di poco il 2% nei prossimi 2-3 anni. Per contro, in base alle ultime proiezioni della BCE, l'inflazione nel 2023 sarà probabilmente intorno all'1,4% e dunque ancora ben lontana dall'obiettivo del 2% della banca centrale.

"A nostro avviso, le aspettative di mercato che oggi scontano rialzi dei tassi in Europa nei prossimi 2-3 anni sono estremamente ottimistiche, considerando quanto l'inflazione arranchi rispetto alle stesse proiezioni della BCE. Se la banca centrale non può innalzare i tassi nel prossimo futuro, è difficile pensare che le obbligazioni possano continuare a registrare una correzione in linea con le emissioni sovrane di Stati Uniti e altri paesi sviluppati." 

La BCE si deciderà infine a prestare soccorso?

Se da un punto di vista dei fondamentali macroeconomici non c'è ragione per aspettarsi un ulteriore indebolimento dei titoli di Stato europei, allora perché i rendimenti su queste emissioni sovrane continuano a salire di pari passo con quelli di altri mercati sviluppati? La "colpa" sembra essere della BCE e del suo attuale sistema di gestione dei processi decisionali e delle comunicazioni, che risulta piuttosto ambiguo agli occhi dei mercati. Il Consiglio direttivo della BCE presieduto da Christine Lagarde è un organo fortemente orientato alla collegialità, le cui decisioni sono frutto di un consenso interno, raggiunto andando alla ricerca di un terreno comune tra falchi e colombe su ogni singola questione. La stessa Lagarde, peraltro, aveva implicitamente criticato Draghi per la sua tendenza a imporre la propria visione al Consiglio direttivo senza tenere in considerazione le opinioni di altri. Le convinzioni dell'attuale capo della BCE si rispecchiano nei meccanismi decisionali con cui agisce oggi la banca centrale.

L'approccio maggiormente "collaborativo" adottato negli ultimi mesi ha probabilmente impedito alla BCE di contrastare in modo efficace la crisi del COVID-19, ritardando l'assunzione di decisioni forti e incappando in clamorosi errori di comunicazione, proprio in un momento in cui i mercati e l'economia hanno bisogno di azioni rapide e messaggi chiari.

Contributo a cura di:
Ario Emami Nejad - Portfolio Manager

Link a contributo originale: https://www.fidelity-italia.it/articoli/views-from-the-floor/2021-04-11-reflazione-sara-davvero-ancora-di-salvezza-1618157322401 


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