- La politica fiscale ha svolto un ruolo chiave nel promuovere un rimbalzo dell'economia
- I livelli di debito hanno superato quelli raggiunti all'epoca della seconda guerra mondiale e con questo dato di fatto occorrerà fare i conti
- Le considerazioni relative al cambiamento climatico stanno iniziando a incidere sulla politica macroeconomica
La politica fiscale ha svolto un ruolo chiave nel promuovere il rimbalzo
La politica fiscale si è dimostrata uno strumento più efficace per sostenere le economie durante i primi lockdown nella primavera 2020 rispetto alla crisi finanziaria globale del 2008, quando i governi si affidarono invece alla politica monetaria. Questa volta, le autorità dei mercati sviluppati hanno rapidamente messo in campo misure di ristoro sotto forma di versamenti diretti per tutelare i redditi delle famiglie mentre l'economia globale subiva una brusca frenata. Per concedere garanzie creditizie e prestiti diretti alle imprese, tutta la potenza di fuoco dei bilanci pubblici è stata utilizzata per ridurre la probabilità di danni economici permanenti e per salvaguardare i posti di lavoro.
È probabile che nei mesi a venire saranno varate ulteriori misure di incentivazione. Il governo statunitense potrebbe varare un pacchetto di incentivazione anti-Covid nel primo semestre 2021 per circa 1.000 miliardi di dollari, ma la spesa fiscale complessiva sarà decisamente inferiore a quella cui avremmo potuto assistere se i democratici avessero vinto le elezioni 2020 su tutti i fronti. A fronte di una seconda (e forse terza) ondata della pandemia, è improbabile che misure così blande siano sufficienti per mantenere un forte slancio economico nel corso del 2021.
Le stime suggeriscono che un pacchetto di stimoli complessivamente pari a circa 2.000 miliardi di dollari, comprendente i 1.000 miliardi degli incentivi anti-Covid e altri provvedimenti, aggiungerebbe appena 1,5 punti percentuali al PIL nel 2021.
Di conseguenza, l'output gap provocato dalla pandemia non ha molte probabilità di chiudersi prima del 2023. D'altra parte, ha perso quota l'ipotesi di un aumento delle tasse, il che potrebbe favorire la crescita nel medio termine, ancorché appesantire ulteriormente il carico del debito pubblico a lungo termine.
La ripresa sarà probabilmente discontinua
In Europa, nuovi lockdown introdotti per arginare la seconda ondata di coronavirus stanno frenando il rimbalzo che era seguito alla prima ondata, e la crescita nei prossimi due trimestri potrebbe risentirne. È probabile che gli Stati Uniti debbano prendere provvedimenti simili, considerando il peggioramento della curva dei contagi nel paese. Ulteriori restrizioni potrebbero smorzare lo slancio dell'economia statunitense, rendendo la ripresa globale discontinua e imprevedibile.
Chiuso il primo trimestre 2021, tuttavia, dovrebbe innescarsi un nuovo rimbalzo dell'attività economica grazie al progressivo allentamento delle restrizioni, anche se molto dipenderà dai tempi con cui eventuali vaccini saranno somministrati e dalla diffusione della copertura vaccinale. La Cina continua a rappresentare un'eccezione: la capacità del governo di contenere l'epidemia e le misure di incentivazione fiscale e monetaria introdotte hanno già contribuito alla crescita dell'economia, che chiude il 2020 in rialzo. Questo andamento ascendente in Cina dovrebbe trovare una stabilizzazione nel corso del 2021. Nel complesso, si ravvisano alcuni rischi per le previsioni in materia di crescita globale (pari al 5,4% secondo le ultime proiezioni del Fondo Monetario Internazionale o FMI), ma si vigila anche sul rischio di una possibile recessione a W negli Stati Uniti.
Cambia la mentalità a livello macroeconomico: l'austerità può aspettare
Nonostante l'incentivazione fiscale negli Stati Uniti si prospetti inferiore ai livelli che alcuni speravano, la spesa pubblica continuerà probabilmente ad aumentare ancora per qualche anno. L'FMI ha invocato l'adozione di ampie misure di sostegno fiscale nel 2021 e oltre (una netta inversione di tendenza rispetto all'austerità che aveva predicato all'indomani della crisi finanziaria nel 2008-2009).
Non solo, l'FMI ha auspicato che i paesi sviluppati approfittino dei tassi d'interesse ridotti offerti dalle banche centrali per continuare a beneficiare di ingenti finanziamenti. Ha inoltre raccomandato di incentivare i consumi collettivi e rafforzare i programmi d'investimento per sostenere la ripresa. Il mutamento ideologico è significativo, soprattutto se consideriamo che il frenetico ricorso alla spesa pubblica ha già portato il rapporto debito pubblico/PIL dei paesi sviluppati oltre i livelli che si erano registrati all'epoca della seconda guerra mondiale. Anche nei mercati emergenti, la spesa dei governi è in crescita.
La teoria economica prospetta tre strade per ridurre l'indebitamento:
- una riduzione drastica dell'indebitamento come avvenne ai tempi della Grande Depressione
- l'aumento dell'inflazione
- una crescita nominale elevata frutto di un incremento della crescita reale.
La strada scelta per gestire il debito pubblico elevato sarà uno dei fattori macroeconomici principali che influirà sull'evoluzione dell'economia globale e sul ciclo politico nei prossimi trimestri.



Le banche centrali potrebbero dover ricorrere ad altri strumenti per mitigare il "baratro fiscale"
Non è ancora chiaro come si evolverà l'inflazione nel 2021. Ma in assenza di un'ingente incentivazione economica, sarà più difficile per la Fed generare da sola un aumento sostenibile dell'inflazione, nonostante l'adozione di un sistema di average inflation targeting flessibile. L'ulteriore allentamento di una politica già accomodante avrà probabilmente effetti meno incisivi che nel 2020. Ciononostante, si prevede che la Fed allenterà la sua politica monetaria nel breve termine in risposta all'evoluzione delle condizioni economiche e di mercato.
Con l'esaurirsi degli incentivi anti-Covid e nell'intento di mitigare un incombente "baratro fiscale", la Fed potrebbe altresì trovarsi costretta ad acquistare obbligazioni a più lunga scadenza, aumentare il ritmo degli acquisti di asset e rafforzare la forward guidance. Nuove misure di allentamento sono probabili anche in Europa, considerando l'indebolimento della crescita e le aspettative inflazionistiche. È dunque verosimile che la tendenza ad attuare politiche monetarie sempre più accomodanti diventi strutturale, soprattutto nei mercati sviluppati.
Il cambiamento climatico inizia a incidere sulla politica macroeconomica
L'elezione di un presidente americano che ammette l'esistenza del cambiamento climatico e intende agire per contrastarlo, il Green Deal varato dall'Unione Europea e l'impegno della Cina a raggiungere emissioni nette di carbonio pari a zero sono tutti elementi che concorreranno a definire il quadro dei fattori climatici nel 2021. Ciò dimostra quanto le politiche sul clima possano effettivamente incidere sulla struttura stessa dell'economia globale e quali effetti di rilievo potrebbero avere sugli indirizzi di carattere macroeconomico negli anni a venire. Un esempio in tal senso è l'incremento del prezzo del carbonio, considerando che da qui al 2030 saranno necessari investimenti in energie pulite per migliaia di miliardi di dollari (secondo l'International Energy Agency (IEA), addirittura 16.000 miliardi)
Le banche centrali prestano grande attenzione a questo tema. Molte di esse sono impegnate a sviluppare meccanismi di analisi e regolamentazione più solidi per capire meglio le implicazioni dei rischi climatici fisici e quali strade possono percorrere le autorità per agevolare la transizione verso un futuro a zero emissioni di carbonio. Nel giugno 2021, la Bank of England pubblicherà il risultato degli stress test condotti sul sistema finanziario per valutare l'impatto dei fattori climatici. Il risultato potrebbe rappresentare un punto di riferimento per altre banche centrali che volessero fare altrettanto.
Riportare il debito su livelli sostenibili
Con ogni probabilità, l'iter della ripresa nel 2021 non sarà omogeneo. L'introduzione di un vaccino anti-Covid potrebbe arrivare troppo tardi per impedire un'altra grave ondata di contagi, mentre le turbative a livello economico potrebbero essere mitigate solo in parte da una manovra di incentivazione fiscale più modesta del previsto negli Stati Uniti. A medio termine, la ripresa dipenderà dall'efficienza con cui sarà gestita la forte espansione del debito resasi necessaria per contrastare la crisi del Covid-19 e dal percorso che ciascun paese intraprenderà per garantire la sostenibilità del proprio debito (volontariamente o meno). Molti dei cambiamenti innescati dalla crisi sanitaria e destinati a mutare le dinamiche in atto a livello di politica macroeconomica e modelli economici devono ancora manifestarsi pienamente, anche per quanto riguarda il modo in cui gestiremo la minaccia ben più grande rappresentata dal cambiamento climatico. In un contesto simile, il gigantesco elefante ha mosso soltanto il primo passo dentro la stanza.
Contributo a cura di
Romain Boscher - Global CIO, Equities