- Le economie asiatiche hanno dimostrato una maggiore capacità di tenuta rispetto alle controparti occidentali in virtù di una gestione più efficace dell'epidemia e di forme miste di capitalismo
- A livello regionale, gli utili potrebbero trarre vantaggio da una maggiore stabilità, da un rafforzamento dei legami economici intraregionali, dalla positiva crescita del PIL nella regione e dall'indebolimento del dollaro USA
- L'Asia sta compiendo significativi progressi anche sul fronte della sostenibilità, tanto che alcune delle principali economie si sono già impegnate a raggiungere l'obiettivo di emissioni nette di carbonio pari a zero
Gli storici del futuro potrebbero guardare al 2020 non soltanto come l'anno della pandemia di Covid-19, ma anche come il punto di svolta che ha sancito la leadership economica dell'Asia nel mondo. Mentre tutti i paesi hanno dovuto rimboccarsi le maniche per combattere gli effetti della crisi, introducendo misure economico-sanitarie per contrastarla, economie asiatiche dai profili più diversi come Cina, Singapore, Giappone e Corea del Sud hanno dimostrato tutti i vantaggi di un contenimento tempestivo e continuativo.
Finora, questo approccio ha consentito a molti paesi nella regione di recuperare più rapidamente e senza ricorrere ad alcuni dei maggiori interventi che sono stati invece necessari in Occidente. Con l'avvento del nuovo anno, è probabile che ciò rappresenti un volano per una crescita degli utili societari dotata di maggiore sostenibilità. Inoltre, l'enfasi posta proprio sulla sostenibilità a tutti i livelli, dal riordino delle catene di fornitura alla transizione dell'economia verso modelli green, sembra destinata a rafforzarsi nella regione, con il potenziale per accelerare man mano che l'Asia recupera terreno rispetto ad altre aree geografiche, arrivando talvolta a superarle.
Aumenta la divergenza sul piano della politica economica
Le dinamiche in Asia sono cambiate. In passato, la regione era vista dagli investitori come un mercato per operazioni tattiche finalizzate a intercettare la crescita economica globale. Sussistevano timori circa l'affidabilità dei dati e i livelli di debito, che potevano diventare ingestibili. Il debito è ancora elevato, soprattutto in paesi come la Cina, ma non va meglio in Occidente, dove i livelli sono comunque alti e stanno crescendo ulteriormente per effetto delle misure di sostegno intraprese nel corso della crisi del Covid-19. E benché un'eventuale ricomparsa dell'inflazione in Asia possa innescare un rialzo dei rendimenti, aumentando gli interessi e gli oneri di rifinanziamento in capo alle imprese, la regione ha imparato a convivere con gli effetti di un'inflazione elevata per un tempo ben più lungo che in Occidente.
I paesi asiatici con tassi d'interesse più elevati potrebbero persino evitare alcune delle conseguenze negative legate ai livelli ridotti dei tassi, che hanno invece penalizzato la crescita economica in paesi come il Giappone. Alcuni, tuttavia, hanno allentato la politica monetaria a fronte di un'inflazione comunque più bassa rispetto al passato. L'Indonesia, ad esempio, ha varato misure straordinarie come il quantitative easing, precedentemente considerato un intervento pensabile solo nelle economie sviluppate. Un'eredità sorprendente del 2020 è altresì la debolezza relativa del dollaro, che ha contribuito a migliorare le nostre aspettative per gli asset asiatici a inizio 2021.
Nel contempo, altri fattori di carattere generale concorrono in modo sempre più evidente a rafforzare l'economia regionale. Tra questi si annoverano la maggiore stabilità politica e una più solida fiducia nei confronti delle istituzioni e della loro capacità di gestire le crisi.
Un altro fenomeno, che aveva già fatto la sua comparsa per effetto delle crescenti tensioni commerciali, è il rafforzamento dei legami economici intraregionali. La pandemia ha ulteriormente accelerato questa tendenza, poiché i paesi asiatici, in primis la Cina, hanno deciso di riportare in aree geograficamente più vicine segmenti importanti delle loro catene di fornitura.
Il capitalismo degli stakeholder nell'accezione asiatica del termine
Alcune delle turbolenze che l'Asia ha dovuto affrontare nel corso degli ultimi dieci anni si stanno attenuando. Il tendenziale rafforzamento del dollaro USA ha invertito la rotta, mentre le quotazioni petrolifere restano più basse delle medie storiche. Nel contempo, la struttura delle economie asiatiche fa sì che il divario tra mercati ed economia reale sia inferiore rispetto a paesi come gli Stati Uniti. Mentre in Occidente le nazioni si adoperano per ridisegnare il proprio modello economico andando nella direzione di un capitalismo più inclusivo e responsabile, si può affermare che il modello di capitalismo misto diffuso in Asia abbia contribuito a una migliore armonizzazione tra le politiche di governo e il mondo delle imprese in numerose aree, tra cui la digitalizzazione dell'economia, l'attenzione per le ricadute sociali e persino la gestione della pandemia.
Le prospettive per i mercati nel 2021
Modelli economici più resilienti potrebbero dunque spianare la strada a nuove opportunità d'investimento in Asia. A questo proposito la Cina potrebbe essere il primo paese a recuperare pienamente gli effetti prodotti dalla pandemia sull'economia interna, forse già nella primavera 2021. È probabile che il PIL cinese sia tra i pochi nel mondo a evidenziare una crescita tanto nel 2020 quanto nel 2021. Secondo le proiezioni, gli utili dovrebbero dimostrarsi più resilienti in tutta l'Asia, compreso il Giappone.

Le imprese di maggiore successo nel 2020 si collocano, qui come altrove, nel settore tecnologico e in quello sanitario. Inoltre, benché la rapida ascesa dell'e-commerce in Cina sia stata accelerata dalla pandemia, il margine di crescita è ancora ampio grazie alla progressiva transizione verso il digitale di altri settori economici e all'innovazione che continua a trovare nuova spinta sul mercato interno. Anche la produzione manifatturiera ha segnato un rimbalzo rispetto ai lockdown dei primi tempi della pandemia e sta incrementando la domanda per alcune materie prime nonché per prodotti di esportazione da paesi come la Germania.
A livello di mercato, si sta preparando un altro importante cambiamento. Nel corso degli ultimi anni, la Cina è andata progressivamente aprendo le sue borse azionarie e obbligazionarie onshore agli investitori esteri mediante lo status di investitore istituzionale estero qualificato (o QFII, Qualified Foreign Institutional Investor) e i programmi Connect. La partecipazione estera sul mercato cinese sta aumentando e nel 2020 ha compiuto ulteriori passi avanti. Ciò è in parte dovuto a un maggiore allentamento dei controlli sui flussi diretti verso le piazze interne, ma è anche il risultato di forze macroeconomiche e dinamiche politiche emerse dopo l'avvento della pandemia di Covid-19. La Cina, ad esempio, ha deciso di non tagliare i tassi d'interesse ai livelli che si sono invece registrati negli Stati Uniti. È dunque probabile che un maggior numero di fondi globali aumenterà le proprie allocazioni su asset cinesi. I rendimenti più elevati sulle obbligazioni cinesi in un contesto di indebolimento del dollaro USA potrebbero essere particolarmente interessanti per gli investitori orientati al reddito.

Nella regione asiatica in generale, se i trend attuali continuano e non si verificano contraccolpi dovuti a eventuali nuove ondate del virus, è probabile che la ripresa di estenderà a macchia d'olio. I paesi che per ora sono rimasti indietro, come l'India, potrebbero recuperare terreno velocemente nel corso del 2021, tanto che l'Asia potrebbe arrivare a offrire una disponibilità di investimenti value più elevata che nelle economie occidentali, grazie alla maggiore solidità e all'andamento più lineare della sua ripresa economica.
Benché l'India abbia avuto difficoltà a contenere l'epidemia di Covid-19, rimane la convizione del fatto che il paese abbia un potenziale significativo. Trae infatti vantaggio da trend di crescita strutturali ed è sempre più probabile che nel decennio a venire si registri un trasferimento di posti di lavoro nel comparto tecnologico e in quello manifatturiero da altri paesi della regione, per effetto delle tensioni commerciali USA-Cina e delle dinamiche di sviluppo interne alla stessa India.
Il tema ESG più sentito è quello climatico, ma i fattori sociali restano essenziali
Nonostante la pandemia, il tema di maggior rilievo nel 2021 tra quelli ambientali, sociali e di governance (ESG) sarà probabilmente il cambiamento climatico, per il mondo intero e, in particolare, per l'Asia. L'anno che sta per concludersi ha visto numerosi paesi, come la Cina e il Giappone, nonché colossi dell'industria come PetroChina, impegnarsi per raggiungere emissioni nette di carbonio pari o prossime a zero.
"Per quanto riguarda invece i temi sociali, prevediamo che gli investitori continueranno a promuovere un maggiore attivismo in tutta l'Asia, con particolare enfasi sui diritti umani e sulle condizioni lungo le catene di approvvigionamento. A livello di singole imprese, riteniamo che il dialogo diretto sia un metodo molto efficace per capire se un'azienda sostiene davvero le migliori prassi, mettendole effettivamente in pratica quando si tratta di condizioni di lavoro e gestione delle catene di fornitura. I temi ESG che destano la preoccupazione degli investitori internazionali stanno diventando fattori di rilievo anche per quelli locali. Durante la pandemia, ad esempio, alcune imprese asiatiche hanno attuato misure per proteggere e supportare i propri dipendenti sia per ragioni sociali che commerciali."
L'Europa è forse leader nel mondo per quanto riguarda la sostenibilità in generale, ma l'Asia è sulla buona strada per colmare velocemente il divario. Il rafforzamento della governance e delle normative in campo ambientale sta contribuendo ad accelerare questa transizione. Le aziende asiatiche hanno così l'opportunità di offrire un valore aggiunto, non solo a fronte delle tendenze di crescita già in atto, come hanno fatto sinora, ma anche migliorando le proprie caratteristiche di sostenibilità in modo da attrarre maggiori volumi di capitali.
Contributo a cura di
Paras Anand - Capo degli Investimenti Azionari pan-europei di Fidelity