Quando sembrava che il mercato avesse trovato nuova forza per rompere i massimi dell’anno alcune brutte notizie giunte dai dati macro ne hanno rovinato l’umore. A fronte di un timido rimbalzo dei PMI cinesi e alla conferma del momento difficile, ma stabile, in Europa, la vera “doccia fredda” è stata rappresentata dal tracollo del manifatturiero americano rimasto fino ad ora relativamente intatto. Anche il settore dei servizi, ben più rappresentativo dell’economia, alla fine ne è rimasto coinvolto creando seri dubbi sul futuro della congiuntura USA. Una recessione americana avrebbe serie conseguenze sullo scenario macro globale, già di per sé non particolarmente brillante.
Proviamo a dare risposte a due domande centrali:
- Arriverà una recessione o un semplice rallentamento negli Stati Uniti?
- Un semplice rallentamento quanto dovrebbe importarci nell’ottica del ragionevole andamento dei mercati?
Le risposte brevi sono: una recessione vera e propria resta al momento improbabile ma è aumentata molto la possibilità di un rallentamento tanto più marcato quanto più sarà lontano un accordo commerciale con Cina ed Europa; l’effetto sui mercati anche di un semplice rallentamento non va tuttavia minimizzato ed implica una strategia di gestione molto oculata.
Più passa il tempo più lo scenario ci ricorda molto quello “alla Giapponese” caratterizzato da una serie infinita di cicli tutti sotto potenziale, sia al rialzo che al ribasso, con movimenti di mercato molto volatili e abbastanza violenti. I tassi sono destinati a restare bassi (pur in una banda di oscillazione) con banche centrali accomodanti, loro malgrado, ed il tentativo sempre più urgente di interventi fiscali, per evitare il peggio. L’andamento dei mercati resta confinato in uno stretto trading range che per quanto abbia regalato buone soddisfazioni fino ad ora fatica a superare nuovi massimi.
In assenza di buone notizie, sul fronte macro o politico, nutriamo dubbi su questa eventualità e consigliamo di restare prudenti in un mese che potrebbe rivelarsi il più pericoloso e delicato del 2019. Uno di quei mesi che potrebbe decidere le sorti di un intero anno. Noi pensiamo di essere a Lugano, Londra o New York, in realtà stiamo già da tempo volando verso Tokyo.
In un canovaccio già visto altre volte, nel mese di settembre il mercato ha voluto mettere da parte ogni ansia e paura rifugiandosi nella compiacenza e realizzando una buona progressione, in un anno per altro già favorevole, sul comparto azionario. Sull’onda dell’ottimismo anche i tassi hanno momentaneamente interrotto la loro caduta libera e sono velocemente tornati a salire quasi a voler certificare il ritorno del sereno. Poi il gelo! Alcune brutte notizie, sia sul fronte economico che politico, hanno interrotto l’idillio. E ci risiamo! Da una parte si è riaffacciato il rischio politico legato questa volta al possibile avvio della procedura di impeachment del nostro amato Presidente, dall’altra è giunta inattesa, pure per BlueStar, la prova di una possibile recessione manifatturiera negli USA che sta per giunta contagiando anche il ben più rappresentativo settore dei servizi. Nulla di buono! L’ossessione della recessione, già da tempo strisciante nella mente degli investitori, è tornata cosi prepotente proprio alla vigilia dell’ennesimo incontro a Washington tra massimi rappresentanti cinesi ed americani sull’impasse dei dazi doganali. Nel frattempo, la questione Brexit è ancora in alto mare, Hong Kong brucia e la situazione medio-orientale peggiora invece di migliorare. Questi sono i fatti, innegabili. In uno scenario, che BlueStar ha da tempo classificato come “imprevedibile”, le questioni centrali a medio termine sono tuttavia due: avremo una recessione o un rallentamento (o nessuno dei due)? E quale sarà la reazione del mercato a queste evenienze? La risposta alla prima domanda dipende purtroppo da eventi a loro volta poco pronosticabili (l’esito dei colloqui sul trade war ed il futuro politico di Trump) il che rende l’equazione difficilmente risolvibile. Due cose ci sembrano chiare tuttavia: la necessità di una gestione molto dinamica e robusta e il delinearsi definitivo di uno scenario da sindrome giapponese.