Da Luglio i mercati azionari europei sono stati piatti, mentre lo S&P500 ha sovraperformato gli altri maggiori indici azionari fino a fine Agosto. Ad Agosto, le azioni FANG+ (comprese, fra le altre, Tesla e NVIDIA) sono balzate in alto del 20%. La polarizzazione dei mercati azionari americani è in atto da almeno un decennio, con valori di sovraperformance crescenti. Tuttavia, questo trend ha subito una forte accelerazione nel 2020, tanto che metà di questa sovraperformance si è verificata nel solo 2020, avendo il proprio culmine nel mese di Agosto.
Un’altra dimostrazione di questo trend di polarizzazione si ottiene calcolando il contributo year-to-date alla performance dell’indice S&P500 dei primi 5 titoli per performance fra quelli compresi nell’indice e comparandolo con il contributo medio dei top 5 performers negli ultimi 10 anni (grafico successivo). Questo gap è di circa 4 punti percentuali, addirittura più alto anche rispetto al 2019.
Tesla ha avuto un elettrizzante guizzo del 75% nel mese di Agosto, raggiungendo una capitalizzazione di mercato pari alla somma di quella degli altri produttori di auto quotati. Questo dato è stupefacente e lascia perplessi circa le basi su cui poggia l’esplosione del valore azionario di Tesla (Innovazioni tecnologiche da annunciare al prossimo “Battery day”?, si è sottostimata la futura quota di mercato dei veicoli elettrici?). Perplessità che hanno avuto nel frattempo una parziale e insoddisfacente spiegazione: è triplicata l’attività di call sulle azioni delle big tech (Tesla inclusa) nell’ultimo paio di mesi, portando i dealers a coprire le posizioni e a comprare le azioni sottostanti, amplificando questa crescita.
Nonostante il (momentaneo) vantaggio competitivo di Tesla in materia di batterie tecnologicamente evolute e software know-how per facilitare il futuro sviluppo dei veicoli a guida autonoma, questo non annichilirà l’intero settore automobilistico. Al contempo, Tesla ha ancora molto da dimostrare nei settori afferenti nei quali si sta avventurando (energia e assicurazioni).
Pur riconoscendo una certa effervescenza in alcune aree del mercato (oltre al settore legato ai veicoli elettrici, bisogna menzionare anche alcune recenti IPO di software provider), bisogna astenersi dal fare comparazioni con la bolla tecnologica del 2000. Questo perché, valutando i fondamentali delle società del settore tecnologico (IT e servizi di comunicazione), rendimenti e cash flow sono in linea con quelli di mercato.
Nell’esercizio di valutazione di questi assets non si può ovviamente esimersi dal considerare le traiettorie future dei tassi di interesse, specialmente dopo l’annuncio della Fed dell’intenzione di non alzare i tassi fino almeno all’ultimo trimestre del 2023 (dopo l’adozione di un nuovo framework di politica economia che consenta all’inflazione il superamento del livello del 2%) e la certezza che nei prossimi due anni l’assenza di rilevanti pressioni inflazionistiche mantenga contenuti i tassi a lungo termine.
Da un punto di vista più essenziale, c’è convincimento che l’adozione della tecnologia (che essa sia automazione, intelligenza artificiale, big data, machine learning…) abbia ancora molta strada da fare in diversi mercati, ad esempio quello delle costruzioni, nel quale sta prendendo piede solamente ora la digitalizzazione dei processi di design e pianificazione e di parte dei processi di costruzione (stampe 3D, ecc…), l’agricoltura di precisione, ecc..
La crisi da Covid e i susseguenti lockdown hanno solamente accelerato il trend, senza però far intravedere nessun futuro impatto “cannibalizzante” nei vari mercati. Le società tecnologiche (soprattutto quelle legate ai software) hanno la capacità di poter aumentare le vendite con costi marginali risibili. Questo comporta un rapido e repentino aumento dei margini e una forte capacità di generare Cash Flows e altresì spiega gli elevati price earnings e price – to – sales ratios di alcune di queste società.
Il focus dei partecipanti ai mercati rimane sempre e comunque acceso su un argomento: l’inflazione, che gli scenari più papabili prevedono stabilmente bassa nei prossimi 3-5 anni, i suoi potenziali impatti sulle diverse asset class e se possa causare variazioni di stile di investimento nel mercato equity. Nonostante l’imponenza delle policy monetarie e fiscali a risposta della crisi scatenata dalla pandemia, sono presenti forti forze deflazionarie che – prima di procedere con l’implementazione tecnologica – bisogna considerare: significativi output gap, il progressivo invecchiamento della società, le imponenti masse debitorie e la presenza sempre più elevata sui mercati di imprese zombie che inibiscono la capacità delle concorrenti di intervenire su domanda e prezzi. Inoltre, il divario sempre più ampio tra rendimenti azionari e risk free rates comporta una crescente “mitigazione” dell’inflazione.
I mercati azionari sono stati finora mediamente resilienti sia alla risalita dei numeri dei contagi che alla disomogenea ripresa. Se alcuni settori si sono ripresi velocemente, altri, come quello dell’aviazione, hanno annunciato massicci licenziamenti, aumentando le diseguaglianze sociali, specialmente negli USA. Potenziali pericoli nel futuro prossimo sono dati dalle elezioni americane, nel caso ne venisse contestato l’esito, dall’ennesima puntata della telenovela Brexit e da un nuovo aumento del tasso di mortalità da Covid (in attesa dei vaccini).
Nei processi di selezione sono aspetti essenziali la qualità dei business model, dei bilanci societari e del potenziale emergente. Inoltre, qualsiasi portafoglio azionario dovrebbe consistere di società capaci di crescere continuamente durante gli interi cicli economici sfruttando i vantaggi competitivi, un relativo basso indebitamento e una minore esposizione ad eventi estremi e, idealmente, capaci di capitalizzare il perseguimento dei sustainable development goals.
Articolo a cura di Alexander Roose, CIO Fundamental Equity di DPAM
Link all’articolo originale: https://publications.dpamfunds.com/magazine/blog/tech-roars-up/