- La crescita della massa monetaria è aumentata in risposta al Covid-19 e l’inflazione dei prezzi degli asset potrebbe ripercuotersi sui prezzi al consumo
- Le banche centrali devono mantenere ridotti i costi di rifinanziamento in considerazione dei livelli di debito elevati, ma potrebbero non agire fino al manifestarsi di un “duration tantrum”
- Nel 2020 i fondi ESG hanno realizzato una sovraperformance e i titoli di credito sostenibili potrebbero offrire profili di rendimento più costanti
Le banche centrali sono state la prima linea di difesa dalla crisi del Covid-19 e rimarranno la principale fonte di supporto se il pacchetto fiscale degli USA si rivelerà limitato. All’orizzonte non emergono segnali di riduzione graduale dei bilanci o di incrementi dei tassi. Tuttavia, la possibilità che nel 2021 venga introdotto un vaccino e la massiccia risposta monetaria e fiscale alla crisi in un periodo di tassi estremamente ridotti si traducono in un continuo rischio di “duration tantrum” (ossia impennate nei rendimenti delle obbligazioni a lunga scadenza).
Lo stimolo elevato si ripercuote sui prezzi degli asset più dinamici
Dall’avvio della crisi del Covid, le banche centrali nei Paesi G6 hanno quasi raddoppiato i loro bilanci. Lo stimolo monetario nel 2020 si è già tradotto in un aumento dei prezzi degli asset più dinamici, e questa tendenza potrebbe proseguire nel 2021. Gli spread creditizi si sono contratti in molte aree, pur rimanendo ampi in alcuni settori più influenzati dalla pandemia, come l’energia.
La massa monetaria è in crescita
A differenza della crisi finanziaria di oltre un decennio fa, il tasso di crescita della massa monetaria sta aumentando negli USA e i prezzi al consumo potrebbero seguire la stessa strada. Nel 2008, le banche si trovavano in uno stato di crisi tale da depositare riserve presso la Fed quasi con la stessa velocità con cui veniva creata moneta per loro per finanziare l’economia reale. Questa volta i bilanci delle banche si trovano in una forma migliore e le conseguenze di uno stimolo senza precedenti potrebbero incentivare l’inflazione. Per anni, la crescita della massa monetaria (M2) ha raggiunto una media pari circa al 7 percento l’anno. Attualmente si attesta intorno al 23 percento, un livello che non si vedeva dagli anni Sessanta. Se la velocità del denaro deve ancora aumentare, la sua circolazione tende invece al calo strutturale da diversi anni, una tendenza che potrebbe ora registrare un’inversione con l’introduzione di un ulteriore stimolo fiscale.
Il grande problema del debito
Se da un lato la politica monetaria è accomodante, il debito è elevato e sta aumentando ulteriormente al fine di finanziare la risposta al Covid. Questo rappresenta un problema chiave per gli investitori. Il Fondo Monetario Internazionale stima che il debito pubblico globale sarà quasi pari al 100 percento all’inizio del 2021, mentre secondo JPMorgan il debito totale del settore pubblico e privato si attesterà sul 280 percento del PIL globale. Entro la fine del 2020, il deficit fiscale primario nelle economie avanzate sembra destinato a superare di cinque volte quello dell’anno precedente.
Affinché le posizioni debitorie siano rinnovate, evitando una spirale negativa di default, le banche centrali dovranno mantenere ridotti i costi di rifinanziamento. Finora sono riuscite a farlo: i rendimenti reali sui Treasury a 10 anni hanno iniziato il 2019 a 50 punti base e sono oggi pari a circa -110 punti base. Questo, tuttavia, rende il sistema finanziario più vulnerabile a un improvviso incremento dei rendimenti, sia esso innescato da segnali di inflazione, da migliori prospettive di crescita o da un errore politico simile alla riduzione del bilancio della Fed che aveva innescato il panico sui mercati alla fine del 2018.
Il rischio di “duration tantrum”
Il rischio di inflazione non è certo da escludere. E potrebbe intensificarsi se un vaccino efficace venisse implementato più velocemente del previsto o se il finanziamento sociale totale in Cina dovesse aumentare. Le banche centrali potrebbero rallentare volontariamente per rispondere ai segnali di inflazione e di aumento dei rendimenti, nel tentativo di mantenere i tassi nominali ancorati a livelli ridotti. Di fatto, prima che le banche centrali intervengano per spingerli nuovamente al ribasso, potremmo assistere a un movimento fino a 150pb a livello di rendimenti.
Il parallelo storico più vicino a questo scenario è il “taper tantrum” del 2013, quando l’irrigidimento della politica della Fed ha comportato un netto allontanamento da asset come i mercati emergenti. Questa volta potrebbe trattarsi più che altro di un “duration tantrum”, perché il tasso privo di rischio implicito nei Treasury si muoverebbe improvvisamente al rialzo. In questo contesto, le aziende growth (come le mega-cap tecnologiche) che avevano realizzato buoni risultati nel 2020 potrebbero registrare un’inversione di tendenza sull’onda del nuovo orientamento al valore.
Un tasso privo di rischio più elevato penalizzerebbe inoltre il debito dei mercati emergenti e le obbligazioni investment grade a più lunga scadenza, con un potenziale ampliamento degli spread creditizi. Gli asset a duration inferiore in alcuni segmenti high yield sarebbero meno colpiti, e quelli a duration ridotta con caratteristiche di reddito realizzerebbero una sovraperformance. Una dislocazione di questo tipo potrebbe inoltre creare opportunità in settori in cui gli spread erano ormai eccessivamente contratti. Nel frattempo, nei prossimi mesi rimarrà fondamentale adottare un approccio selettivo e agile, focalizzato sulle valutazioni.
L’eccessiva liquidità del dollaro potrebbe prolungare la debolezza della valuta
Dopo diversi anni di rialzo del dollaro, nel 2020 la valuta statunitense si è indebolita in conseguenza dell’enorme stimolo monetario della Fed e della maggiore liquidità del dollaro rispetto al resto del mondo. Questa situazione dovrebbe persistere in un contesto di incremento dei prestiti volti a finanziare il deficit fiscale. Ancora una volta, molto dipende dagli sviluppi del virus nei prossimi mesi e dalla velocità con cui la crescita economica globale e l’inflazione si riprenderanno una volta allentate le restrizioni dovute al Covid.
L’ESG assume sempre maggiore importanza nella selezione degli emittenti
I fondi ESG e orientati al clima hanno sovraperformato i fondi convenzionali per tutto il 2020 e potrebbero continuare a farlo nel 2021, considerando che il Presidente eletto Biden ha dichiarato l’intenzione di far rientrare gli USA nell’Accordo di Parigi e che la Cina ambisce a raggiungere l’obiettivo di zero emissioni nette di carbonio entro il 2060.I fondi di questo tipo sono in grado di offrire flussi di reddito più sicuri nel lungo periodo; questo significa che il loro indice di Sharpe complessivo è superiore anche se le loro caratteristiche di rendimento possono inizialmente apparire più moderate. Poiché la volatilità potrebbe rimanere a livelli più elevati rispetto allo scorso decennio, gli emittenti di credito di qualità con rating ESG elevati potrebbero offrire un profilo di rendimento più costante nei prossimi anni rispetto a quelli con credenziali ESG più deboli
Contributo a cura di
Steve Ellis - Global CIO Fixed Income